Amarcord

Così come conosciamo il firmamento attraverso le celebrità mitologiche che lo punteggiano, allo stesso modo ricordiamo la storia dell'ippica attraverso i suoi nomi più evocativi, luci dorate e immortali che sono state assegnate ai cavalli fortunati perché fossero più memorabili le loro imprese.


15. EIGHT BELLES
Femmina grigia [Stati Uniti- 23 febbraio 2005 († 3 maggio 2008)]
da Unbridled song e Away (Dixieland Band)

Coraggiosa quanto sventurata è la carriera di Eight belles, cavalla americana che nei primi mesi del 2008 sbalordì gli appassionati americani di ippica conquistando il Martha Washington Stakes (prima cavalla nella storia a vincere il trofeo, con oltre 13 lunghezze di vantaggio sul secondo), poi l’Honeybee Stakes e il Fantasy Stakes, sempre ad Oaklawn Park, il magnifico ippodromo di Hot Springs, Arkansas. Nel maggio dello stesso anno tentò l’impresa impossibile di sconfiggere i 19 avversari nel Kentucky Derby numero 134; e quando in dirittura d’arrivo mise le zampe anteriori davanti al favoritissimo Big Brown sembrava destinata a un trionfo memorabile. Ma proprio quelle zampe tradirono lei e i milioni di americani che seguivano la corsa, e che la videro abbattersi a terra di colpo, pochi istanti dopo aver tagliato il traguardo al secondo posto.
Per spiegarne il nome, occorre riandare all’epoca d’oro della navigazione, quando sulle imbarcazioni era il suono di una campana a segnare lo scorrere del tempo; detto che la campana faceva udire due rintocchi ogni mezz’ora e che un turno di guardia durava quattro ore, si capisce che sei volte al giorno si potevano ascoltare otto rintocchi consecutivi, detti appunto “eight bells”.


14. MONTJEU
Maschio baio [Irlanda - 4 aprile 1996 († 29 marzo 2012)]
da Sadler’s wells e Floripedes (Top ville)

In Europa, il 1999 fu l’anno di Montjeu. La sua stagione da “tre anni” fu sensazionale: si prese uno dopo l’altro il Prix Greffulhe, il Prix du Jockey Club, il Derby irlandese e il Prix Niel, per concludere con un’entusiasmante vittoria nel Prix de l’Arc de Triomphe (Mick Kinane lasciò il ruolo di battistrada a El condor pasa, per poi fulminarlo negli ultimi cento metri con una progressione che lasciò tutti senza fiato).
Il palmares di Montjeu si rimpinguò nel 2000, con le K. George VI & Q. Elizabeth Stakes e il Prix Foy, ma quando fu chiamato a bissare il successo dell’Arc cominciarono a notarsi segni di stanchezza (finì quarto, in un’edizione dominata da Sinndar).
Il patrimonio genetico di Montjeu fa ora la fortuna di molti allevatori di purosangue. Non si può dire invece che abbia fatto la fortuna del suo proprietario, Sir James Michael Goldsmith (erede di una delle più radicate famiglie dell’alta finanza ebraica, avversaria dei Rotschild già nel Seicento), morto nel 1997 prima che Montjeu intraprendesse la sua carriera luminosa. Per sapere quale sia l’ascendente ipponomastico, basta visitare il dipartimento francese della Saona e Loira, ove il seicentesco Castello di Montjeu, acquistato da Goldsmith alla fine degli anni Ottanta, svetta sulla montagna che domina Autun, nei pressi del comune di Broye.


13. SHIROCCO
Maschio baio [Germania - 10 aprile 2001]
da Monsun e So sedulous (The minstrel)

«È il nome che vien dato nel Mediterraneo, e specialmente in Italia, a quel vento che spira tra levante e mezzogiorno , derivante questa voce secondo taluni da Syriacvs veniva, cioè provveniente dalla Siria, e corrisponde al Sud-Est», così il De Sanctis a metà dell’Ottocento. Quale che sia l’origine etimologica del vocabolo prestatosi alla scelta ipponomastica, è evidente il richiamo al nome paterno, Monsun, “monsone”. Monsun e Shirocco, due venti che hanno soffiato fortissimo nella storia del galoppo tedesco, per la fortuna del barone Georg von Ullmann (proprietario della scuderia più antica di Germania).
Non sono molte le vittorie di Shirocco (sette, su tredici corse), ma quale immenso prestigio! Un Derby tedesco, un Gran Premio del Jockey Club in Italia, una Breeder’s Cup Turf negli USA, una Coronation Cup sul miglio e mezzo di Epsom, un Prix Foy a Longchamp e una Jockey Club Stakes di Newmarket: tra il 2004 e il 2006, anno del ritiro, sei premi memorabili in cinque Paesi diversi (gli ultimi con la monta illuminante e spavalda di Cristophe Soumillon).


12. TENERANI
Maschio baio [Dormello 1944 († Roma 1965)]
da Bellini e Tofanella (Apelle)

Generò Ribot: basterebbe questo a imporre al tempo la memoria di Tenerani, nato Dormello-Olgiata nel tumultuoso 1944. Ma questo straordinario purosangue – che il suo allevatore, il già citato Federico Tesio, guardò sempre con una punta di diffidenza per la sua indole pigra o forse per la sua scarsa avvenenza – è stato molto di più di un prolifico stallone. Con Enrico Camici in sella vinse a tre anni un Derby italiano, un Gran Premio di Milano, un St. Leger italiano. A quattro, conquistò la prima edizione delle Queen Elizabeth Stakes (la corsa che poi andò a chiamarsi King George VI and Queen Elizabeth Stakes), per poi vincere pure sui 4200 metri della Goodwood Cup, battendo il favorito Arbar di una lunghezza abbondante.
Quanto al nome, come era usanza per i cavalli di Tesio, gli fu dato quello di un artista. Carrarino di nascita (anzi, di Torano), Pietro Tenerani eccelse per destino nel lavorare il marmo con sopraffina eleganza, e a Roma (la Roma carbonara e aristocratica di inizio Ottocento), dove visse a lungo, ebbe fama notevolissima, parte della quale gli fu sottratta dagli storici dell’arte e da quanti dissero che poco aggiunse a quanto fatto dal Canova.


11. TANTIÈME
Maschio baio [Francia 1947 († 1966)]
da Deux per cent e Terka (Indus)

Nella presente galleria dei celeberrimi cavalli da corsa graziati dal successo sportivo, trova posto un altro ospite dell’albo d’oro dell’Arc de Triomphe. Ben pochi sono i purosangue che possono vantare una doppietta di vittorie nella più prestigiosa corsa ippica del mondo; Tantième è uno di questi. Tra le sue dodici vittorie (su quindici corse disputate) figurano infatti, dopo il Grand Critérium del 1949 (che lo consacrò miglior puledro dell’annata), i due Arc consecutivi del 1950 e 1951, e la Coronation Cup del 1951, suo ultimo grande trionfo tra i pari età.
Di proprietà dell’albergatore François Dupré (presente anche nelle storie dei grandi collezionisti d’arte del Novecento), che lo fece allenare nel suo rinomato allevamento di Haras d’Ouilly, nella Bassa Normandia, Tantième si fa ricordare anche per la rara scelta ipponomastica: in francese, tantième è un ordinale indefinito, traducibile con l’italiano “ennesimo”, ma è desueto se confrontato col più corrente “ennième”. Ha però anche altra accezione, nel linguaggio della finanza e dell’amministrazione societaria, là dove indica i dividendi, ovvero le quote percentuali spartite dei ricavi di una società per azioni (si noti il nome paterno, Deux per cent).


10. MOLVEDO
Maschio baio [Varese - 1958 († 1987)]
da Ribot e Maggiolina (Nakamuro)

Nel leggere questa pagina i milanesi scivoleranno forse con l’immaginazione sulle acque del Lago di Como, accostandosi alla frazioncina del comune di San Siro, che quelle acque guarda: Molvedo, per l’appunto (il nome botanico della più che diffusa malva, che è dal francese “mauve”, è sufficiente ragione etimologica).
Ma Molvedo è anche (e soprattutto, per chi non abbia in progetto un salutare diporto sulle sponde del Lario) uno dei migliori purosangue italiani del Novecento, tra i pochi discendenti di Ribot ad aver fatto pienamente onore al nobilissimo genitore. Dalla Razza Ticino (di proprietà della lombarda Bianca Verga, imprenditrice nel ramo delle calzature) e dalle scuderie di Gornate (che già appartennero al De Montel) cominciò la breve ma entusiasmante sequenza di successi del baio varesotto (appena otto corse, con sette vittorie), culminata con l’Arc de Triomphe edizione 1961. Arturo Maggi lo temprò, robusto e aggressivo, Enrico Camici lo montò, vestendo di rosso-cremisi.


9. BLACK CAVIAR
Femmina baia [Nagambie, Victoria - 18 agosto 2006]
da Bel esprit e Helsinge (Desert sun)

Nel 2013 si è ritirata da imbattuta. 25 vittorie su 25 corse disputate e un patrimonio più che cospicuo maturato grazie ai 15 Gruppi 1 dominati in carriera (la maggior parte dei quali sulla distanza preferita dei 6 furlongs): è Black caviar, considerata senza enfasi il più forte purosangue australiano della storia, nonché il miglior sprinter degli ultimi decenni.
Allenata da Peter Moody e cavalcata il più delle volte da Luke Nolen, Black caviar (cioè Caviale nero) deve il suo nome alla passione di uno dei suoi proprietari per il caviale. Circola infatti la notizia che Pam Hawkes, imprenditore agricolo di Mornington, abbia unito i suoi raffinati gusti alimentari con i nomi della linea materna della cavalla – Scandinavia e Helsinge – trovando la sintesi perfetta nel prezioso prodotto tipico dei Paesi dell’Europa settentrionale.


8. SECRETARIAT
Maschio sauro [Virginia - 30 marzo 1970 († Kentucky - 4 ottobre 1989)]
da Bold ruler e Somethingroyal (Princequillo)

Gli appassionati di ippica e gli studiosi di ipponomastica non possono che godere nel riportare alla memoria uno dei cavalli più vincenti che abbiano galoppato negli ippodromi statunitensi. Nato dalla fattrice Somethingroyal, di proprietà della famigerata Helen Bates “Penny” Chenery Tweedy, Secretariat fu chiamato così ispirandosi alla professione di Elizabeth Ham, segretaria della Meadow Stable fondata da Penny, dopo che diversi nomi erano stati proposti e rifiutati dalla commissione del Jockey Club.
Tra le memorabili vittorie di Secretariat (16, su 21 corse disputate, quasi tutte con la monta di Ron Turcotte), l’edizione 1973 delle Belmont Stakes (terzo e ultimo traguardo della Triple Crown americana, che si corre nell’ippodromo newyorchese di Belmont Park) rimarrà per sempre nella storia dell’ippica per l’incredibile seguito di pubblico e per la stupefacente prestazione del cavallo, che vinse con 31 lunghezze di distacco (circa 70 metri).


7. NIJINSKY
Maschio baio [Oshawa, Ontario, Canada - 21 febbraio 1967 († 15 aprile 1992)]
da Northern dancer e Flaming page (Bull page)

Pronunciare il cognome russo Nijinsky significa evocare due divinità omonime che abitano in recinti olimpici distanti: la danza e l’ippica. L’ipponimo in questione proviene infatti dal cognome di uno dei più celebrati danzatori del Novecento, quel Vaclav Fomič Nijinsky (o Nižinskij, stando ad altri criteri di traslitterazione) che impressionò le platee di tutta Europa finché una grave afflizione psichica non lo costrinse al ritiro dalle scene. Altrettanto breve e stupefacente è stata la carriera del baio canadese, capace di vincere nel corso del 1970 tutte le corse più importanti sulle piste inglesi. Guidato dal leggendario Lester Piggott, conquistò facilmente la cosiddetta Triple Crown (ultimo cavallo a riuscire nell’impresa), la tripletta formata dalle 2000 Ghinee, dal Derby di Epsom e dal St. Leger.
Oltre agli immensi onori, Nijinsky procurò al suo proprietario, l’industriale americano Charles W. Engelhard junior, introiti favolosi anche dopo il ritiro dalle corse, avvenuto a tre anni dopo un’inopinata sconfitta sul tracciato di Newmarket. La sua progenie (come del resto la sua genealogia) è infatti una vera e propria antologia di straordinari vincitori, tanto ricca quanto degna di considerazioni ipponomastiche.


6. KINCSEM
Femmina baia [Kisbér, Ungheria 1874-1887]
da Cambuscan e Water nymph (Cotswold)

Kincsem (termine ungherese che si può tradurre con un’espressione d’affetto quale “mio tesoro”) può essere considerata la miglior cavalla purosangue da galoppo di tutti i tempi: non altrimenti si può dire di un esemplare capace di vincere 54 corse su 54, in Ungheria, Austria, Germania, Francia, Inghilterra. La sua impressionante carriera ne ha fatto un venerabile monumento dell’ippica in tutto il mondo, e un vero monumento in bronzo a grandezza naturale si trova nel parco che porta il suo nome nel cuore di Budapest. Visse puledra in Ungheria, allenata da Robert Hesp per conto del proprietario Ernst von Blaskovich. Panciuta e dall’andatura lievemente ondeggiante, la cavalla corse prodigiosamente in qualsiasi circostanza, sconfiggendo avversari in ogni parte d’Europa fino all’età di sette anni, quando si ritirò. La sua morte fu pianta da una nazione intera.


5. ZENYATTA
Femmina baia [Kentucky - 1 aprile 2004]
da Street Cry e Vertigineux (Kris S.)

A dispetto di una carriera breve e non ancora lustrata dalla patina aurea del tempo, Zenyatta può senz’altro essere annoverata tra le cavalle più ragguardevoli nella storia dell’ippica. Montata dal fantino Mike Smith, ha vinto tra il 2008 e il 2010 ben 19 delle 20 corse disputate. Dopo la storica conquista della Breeders’ Cup Classic del 2009, non è riuscita a bissare il prestigioso trofeo nell’edizione 2010 (che avrebbe coinciso con la ventesima vittoria consecutiva), finendo seconda di Blame nonostante un’entusiasmante rimonta nell’ultimo furlong.
L’ipponimo discende dal titolo di un album dei Police, Zenyatta Mondatta, uscito nel 1980 per la A&M Records di proprietà di Jerry Moss. Si deve allo stesso Moss, che acquistò la cavalla nel 2005, la scelta del nome. Sul significato di Zenyatta Mondatta sono circolate numerose interpretazioni, peraltro alimentate dai componenti della band. Ipotesi plausibile è che si tratti di un composto di vocaboli agglutinati eufonicamente (come Zen, Yatta, Monde), ma non sono mancate ricostruzioni più fantasiose.


4. PHAR LAP
Castrone sauro [Timaru, Nuova Zelanda - 4 ottobre 1926 († 5 aprile 1932)]
da Night raid e Entreaty (Winkie)

In virtù dei suoi successi (37 vittorie su 51 corse disputate, compresa la prestigiosa conquista della Melbourne Cup nel 1930, Jim Pike in sella), Phar lap occupa una posizione di primo piano nella storia dell’ippica mondiale. Non meno apprezzabile è la sua importanza per quanto attiene alle questioni dell’ipponomastica, se si considera l’originalità del nome. Secondo le fonti, infatti, l’ipponimo deriva da un vocabolo della lingua Thai, ฟ้าแลบ: “farlap”, vale a dire “fulmine”. Il proprietario, M. Telford, al quale fu suggerito da uno studente australiano di nome Aubrey Ping, volle modificarlo in Phar lap, forse per l’associazione col vocabolo inglese “lap”, cioè giro di pista.
La fama di Phar lap non è solo testimoniata dai libri, film ed emissioni filateliche di cui è dedicatario, ma dal suo stesso cuore… che da decenni è una delle maggiori attrazioni del National Museum of Australia per le sue eccezionali dimensioni, di molto superiori alla media.


3. CAMARERO
Maschio baio [Puerto Rico - 6 giugno 1951 († Puerto Rico, 27 agosto 1956)]
da Thirteen e Flint maid (Flint Shot)

La vita e la carriera agonistica di Camarero ebbero luogo interamente sull’isola di Porto Rico, dove fu allenato da Pablo Suarez per conto di Josè “Pepe” Coll Vidal, giornalista ed editore in San Juan. Quest’ultimo lo acquistò nel 1953 dal primo proprietario, lo scrittore Luis Rechani Agrait, e gli cambiò il nome, che inizialmente era Sabrosito. Il nome Camarero corrisponde al vocabolo spagnolo che significa “cameriere” e si lega agli ipponimi della linea materna, tra i quali Flint Maid ed Elktonia Maid (“maid” sta per cameriera, donna di servizio, in inglese).
Imbattuto per 56 corse consecutive, tra l’aprile del 1953 e l’agosto del 1955 (in totale 73 vittorie su 76 corse disputate, quasi tutte con la monta di Mateo Matos), Camarero fu amato in patria al punto da essere ricordato con libri e canzoni; la sua cerimonia funebre si svolse nell’Ippodromo Quintana richiamando oltre 10.000 spettatori, e recentemente, nel 2006, è stato intitolato a suo nome il maggiore ippodromo di San Juan.


2. SEABISCUIT
Maschio baio [Lexington, Kentucky, 23 maggio 1933 († Ridgewood Ranch, Contea di Mendocino, Willits - California, 17 maggio 1947)]
da Hard Tack e Swing on (Whisk broom II)

Seabiscuit nacque dalla giumenta Swing On e dallo stallone Hard Tack (a sua volta prodotto di uno dei più grandi cavalli da corsa del Novecento, Man o’ War). Il nome Seabiscuit – letteralmente, frollino di mare – è direttamente collegato a quello del padre Hard Tack, nome di un tipo di cracker consumato dai marinai (“tack” era in effetti la parola gergale per dire “cibo” tra i soldati della Marina inglese).
Libri e film ne hanno romanzato la storia, invero straordinaria, giacché piena di vittorie travolgenti, delusioni, infortuni, rientri clamorosi e ingressi nel mondo dello show business (basti ricordare la sfida a due con l’altro grande campione dell’epoca, War Admiral, presentata come “il duello del secolo” nel novembre del 1938). Per questo motivo, in un’America prostrata dalla Grande depressione, Seabiscuit (con il suo proprietario, l’imprenditore Charles S. Howard) diventò un simbolo di speranza e rinascita.
«In 1938, near the end of a decade of monumental turmoil, the year’s number-one newsmaker was not Franklin Delano Roosevelt, Hitler, or Mussolini.  It wasn’t Pope Pius XI, nor was it Lou Gehrig, Howard Hughes, or Clark Gable. The subject of the most newspaper column inches in 1938 wasn’t even a person. It was an undersized, crooked-legged racehorse named Seabiscuit» (da: Laura Hillenbrand, Seabiscuit: An American Legend, New York, Ballantine Books, 2002)


1. RIBOT
Maschio baio [Newmarket, 27 febbraio 1952  († Lexington, 28 aprile 1972)]
da Tenerani e Romanella (El Greco)

16 corse disputate, 16 vittorie, sempre in sella il fantino storico Enrico Camici: nel palmares di Ribot spiccano due Arc de Triomphe vinti consecutivamente, nel 1955 e nel 1956 (il primo, quasi miracoloso, dominato a dispetto dei bookmakers che lo consideravano poco più che un outsider, quotandolo 10 contro 1).
Il nome, Ribot, è quello di un modesto pittore francese dell’Ottocento, Theodule-Augustin Ribot (1823-1891), che fu seguace di Courbet e che porta i segni della grande pittura religiosa di Jusepe de Ribera. A sceglierlo fu Federico Tesio, straordinaria figura che ha fatto la storia dell’ippica italiana; non solo proprietario e allenatore, ma raffinato intellettuale, pittore e scrittore, versato anche nelle scienze. Di questa multiforme cultura sono una testimonianza i suoi cavalli, molti dei quali richiamano alla memoria artisti del passato: basti citare Apelle, Angelica Kauffmann, Cavaliere d’Arpino, Bellini e ovviamente il padre di Ribot, Tenerani (uno dei massimi scultori italiani dell’Ottocento), di cui si ricorda una vittoria nelle Queen Elizabeth Stakes del 1948.


 

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